Le lacrime che ho versato ieri sono diventate pioggia

Gen 30, 2024 | Poesie, Zen shiatsu

Il maestro Zen Thich Nhat Hanh è stato e lo è ancora oggi una guida spirituale a livello mondiale, un poeta e un attivista per la pace, conosciuto per i suoi profondi insegnamenti e per i suoi testi molto noti sulla consapevolezza e la pace.

La poesia che si intitola “Le lacrime che ho versato ieri sono diventate pioggia” esprime in poche parole la profondità della visione non dualista dello Zen, che ci fa vedere la bellezza anche dove c’è la disperazione.

La vita ha lasciato le sue impronte sulla mia fronte,
ma questa mattina sono ritornato bambino.
Il sorriso scoperto fra foglie e fiori è tornato per toglier via le rughe.
Così come la pioggia fa scomparire ogni traccia sulla sabbia.
Ancora una volta inizia il ciclo di nascita e morte.
Cammino deciso.
Cammino sulle spine, ma senza incertezze, come farei tra i fiori.
Tengo alto il capo.
Le rime fioriscono tra i rumori delle bombe e dei mortai.
Le lacrime che ho versato ieri sono diventate pioggia.
Mi sento calmo mentre ne ascolto il suono sul tetto di paglia.
Infanzia, oh la mia terra natia mi chiama, e la pioggia
si fonde con la mia disperazione.
Sono ancora qui vivo, capace di sorridere quieto,
il dolce frutto maturato dall’albero della sofferenza.
Portando il cadavere di mio fratello, attraverso i campi di riso nell’oscurità.
La terra ti stringerà con forza tra le sue braccia, mio caro,
cosicché domani sarai trasformato in un fiore,
quel fiore che sorride tranquillo nel campo, stamane.
Allora non piangerai più, mio caro,
abbiamo attraversato una notte troppo profonda.
Stamane, sì, stamane mi inginocchierò sull’erba verde e scoprirò la tua presenza.
Oh fiore che mi parli in silenzio,
Certamente il messaggio d’amore e comprensione è arrivato.
1964 a Saigon.
Da: Thich Nhat Hanh, “L’amore e l’azione. Sul cambiamento sociale non violento”, Astrolabio Ubaldini, 1996.

Il monaco zen Thich Nhat Hanh, quando ha scritto questa poesia a Saigon, Vietnam, nel 1964, imperversava la guerra. Pur avendo visto da vicino lo strazio e la morte di persone care, non è maturato in lui né un desiderio di vendetta, né un rifiuto della sofferenza in quanto tale. È riuscito a mantenere quella visione ampia che deriva da una presenza mentale esercitata costantemente, e che gli ha permesso di cogliere l’intima interconnessione di tutte le cose e l’ineluttabilità della dimensione oscura della vita.

Dal commento pubblicato da Paolo Subioli su Yoga Journal

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